extraordinary lives: Dagli uffici di una multinazionale in danimarca alla fine del mondo, la storia di nana.
Puerto Natales è uno dei centri abitati più grandi della Patagonia cilena, che conta, pensate, ben 20.000 abitanti! Oltre ad essere il campo base per gli escursionisti che vogliono visitare il parco nazionale del Torres del Paine, una delle attrazioni naturalistiche più iconiche della Patagonia, è anche il punto di approdo di viaggiatori dalle storie più incredibili. Quella che troverete di seguito è una di queste, e verrà raccontata tramite la voce della stessa protagonista. E’ una storia fatta di scelte coraggiose e fuori dall’ordinario, che comincia nel nord Europa, in Danimarca, prosegue in Colombia e approda tra i fiordi e le montagne di questa remota e bellissima regione che è la Patagonia; inizia tra le scrivanie di una multinazionale e finisce tra i cavalli e le fattorie di un’estancia.
Ciao Nana, ti andrebbe di presentarti?
Mi chiamo Nana, ho 33 anni e sono di Aarhus, Danimarca. Nel 2014 ho terminato il mio master in IT e comunicazione ed ho immediatamente trovato lavoro come Junior consultant in una grossa compagnia internazionale, del quale ero decisamente entusiasta! Ma, purtroppo, il lavoro non ha soddisfatto le mie aspettative: era di carattere troppo amministrativo e poco creativo, mentre, al contrario, a me piace ragionare fuori dagli schemi e cercare di migliorare vecchi concetti, cercando di uscire dalla mentalità del “si è sempre fatto così”. Sinceramente ero molto delusa e sono quasi caduta in depressione già al primo anno di lavoro. E’ stato così che ho deciso di rassegnare le mie dimissioni e prendere un po’ di tempo per me stessa per realizzare cosa desiderassi veramente. Avevo il sogno nel cassetto di visitare la Colombia, così una notte ho trovato dei biglietti a prezzi economici e li ho comprati: sarei stata un mese in Colombia, viaggiando in solitaria per la prima volta! Era l’aprile del 2016. Durante la mia ultima settimana lì, ero nella parte brasiliana della foresta amazzonica e fu così che conobbi il mio attuale marito, che è cileno. Nel settembre 2016, mi sono trasferita in Cile per iniziare la mia nuova vita a Puerto Natales, una delle città più a sud nella Patagonia cilena.
Cosa ti ha spinto a prendere una decisione così coraggiosa?
Conoscevo a malapena Victor, mio marito, ma ho pensato dentro me stessa, cosa potrebbe accadermi di così tragico qualora non dovesse funzionare? Se qualcosa andasse storto potrei comunque tornare in Danimarca, però con in più una così importante esperienza ed una storia divertente da raccontare. Nessun problema: ero senza lavoro e non avevo bambini, quindi non avevo niente da perdere, se non un po’ di soldi.
I primi tempi in Cile sono stati come ti aspettavi?
In Cile sono stata accolta molto bene, sia la famiglia che gli amici di Victor mi hanno accolto a braccia aperte. Anche se parlo spagnolo, comprendere la pronuncia cilena è stata una vera sfida. Credo che questo sia stato l’aspetto più frustrante, poiché non ero in grado di esprimermi liberamente e non riuscivo sempre a capire completamente cosa mi stesse succedendo intorno. Victor in questo mi è stato molto d’aiuto all’inizio, mi ha persino trovato un lavoretto in un negozio, così ho potuto avviare il processo di richiesta del visto. La sorpresa più grande è stata scoprire quanto caro fosse il Cile e quanto bassi fossero i salari. Immagina che il mio salario base (al netto delle commissioni) era pari a € 352 (nel 2016), mentre il costo dell’affitto era pari a € 385!
Come hai trovato successivamente lavoro all’estancia La peninsula?
Dopo 4 mesi di lavoro come commessa in un negozio, sentivo la necessità di provare qualcosa di nuovo, magari nel mio ramo di competenza. Una mia amica, una designer di abbigliamento (date un’occhiata a Le mouton vert su IG ndr), si rifornisce della lana per le sue creazioni da una fattoria locale (una estancia) che propone anche attività per turisti. Le ho subito girato il mio CV che a sua volta ha passato ad uno dei proprietari dell’estancia. Il tempismo è stato perfetto, perché lui era alla ricerca di una figura di sales and marketing manager, ed è stato così che è iniziata la mia esperienza all’ estancia La peninsula. Il mio lavoro consisteva nel realizzare e progettare tour, gestirne la presenza online, per poi vendere le attività alle agenzie e direttamente ai turisti.
“Se ne condividi i valori, diventa facile innamorarsi del prodotto e venderlo. Perché così facendo ci metti il cuore dentro e finisci per identificarti con l’intero progetto.“
Qual è stata la cosa che ti affascinato di più di una così semplice vita circondata da cavalli, pecore e montagne incredibili?
Sicuramente i cavalli e la natura! Ho avuto un cavallo per molti anni, quindi è stato come tornare indietro nel tempo ad una mia vecchia passione. Ho amato i valori della estancia, tra cui “il principio dell’assenza di sangue” (erano vietati i marchi a fuoco, così come il taglio delle orecchie e delle code), la possibilità data agli animali di vivere all’aria aperta tutto l’anno, la cura e la preservazione dell’ambiente, e così via. Se ne condividi i valori, diventa facile innamorarsi del prodotto e venderlo. Perché così facendo ci metti il cuore dentro e finisci per identificarti con l’intero progetto. Dopo un anno, il mio capo mi ha invitato a prendermi cura del pascolo delle pecore e del bestiame, e ad aiutare in tutte le faccende connesse alla fattoria, una cosa che ho amato fare! Era l’alternativa perfetta al lavoro da ufficio, seduta ad una scrivania. Io amo essere creativa nel creare contenuti e nel vendere i prodotti, ma essere lì fuori, vivere un’esperienza così profonda con gli allevatori e le pecore, è stato senza ombra di dubbio una delle cose che ho amato di più del mio lavoro.
Puoi dirci di più del ruolo delle estancia e dei gauchos in queste terre così remote?
Estancia è la parola in uso in Patagonia che sta per fattoria di bestiame. La qualità dell’erba in Patagonia è abbastanza bassa a causa della scarsità di precipitazioni nel corso dell’anno, del forte vento e del tipo di suolo. Questo è il motivo per cui le estancia necessitano di più spazio per ciascuna pecora. Quindi generalmente le estancia possiedono una quantità maggiore di ettari rispetto alle fattorie di altri parti del Cile o persino di altri paesi. I primi migranti che arrivarono dall’Europa cominciarono l’attività di allevamento del bestiame. A cavallo tra la fine del 19esimo secolo e l’inizio 20esimo, la Patagonia argentina e cilena rappresentava una delle aree più importanti al mondo per l’allevamento delle pecore. Era un’importante e florida industria e le pecore venivano chiamate “oro bianco”. Oggi, l’industria ha subito un significativo calo, ecco perché alcune estancia hanno cominciato ad unire le attività di allevamento alle escursioni turistiche. Si può dire che i gauchos rappresentino in Patagonia la figura del cowboy, una persona esperta nella gestione dei cavalli e del bestiame. Lo stesso nome abbinato allo stesso concetto viene anche utilizzato in Brasile ed Uruguay, e comprende anche il concetto più ampio di cultura, la cultura dei gaucho.
Quando ho visitato Puerto Natales ho davvero provato la sensazione di essere alla fine del mondo. Puoi spiegare questa sensazione dal tuo punto di vista?
Puerto Natales ti regala decisamente questa sensazione di essere alla fine del mondo e la natura che ti circonda è strabiliante. Le persone sono molto alla mano qui, è un posto sicuro, e credo che soprattutto per coloro che lavorano nel turismo c’è un ambiente speciale composto da persone da tutte le parti del mondo e da altre zone del Cile, che ti regala un senso di appartenenza, pur essendo così lontano da casa. La sensazione di isolamento dal resto del mondo può anche essere dura a volte, ecco perché mi piace che la stagione duri circa 9 mesi, lasciandoti 3 mesi per uscire da questa bolla e vedere e fare altro. La stagione a volte può essere a volte davvero molto dura ed intensa.
Cosa ci puoi raccontare del resto del Sud America? Cosa ti ha colpito di più?
Uno dei miei paesi preferiti (oltre al Cile) è senza ombra di dubbio la Colombia. Purtroppo ha una cattiva fama per via di Pablo Escobar e delle Farc (organizzazione rivoluzionaria di guerriglia ndr), che ancora influenza la percezione che si ha del paese. Invece non mi sono mai sentita in pericolo durante il mio mese lì (ho vissuto anche in Messico, quindi so come evitare situazioni di pericolo), le persone erano incredibilmente gentili ed il paese è bellissimo, specialmente se ti piace essere immerso nella natura.
Di Perù, Bolivia, Argentina e Brasile, invece, conosco solo alcune aree e città. Sono stata 3 settimane in Perù per visitare Macchu Picchu, ma ho passato la maggior parte del tempo a Huaraz per fare trekking sulla montagna Huayhuash insieme a mio marito. Siamo persone che amano l’aria aperta, quindi quando viaggiamo spesso prediligiamo posti per fare trekking.
Purtroppo la situazione per l’estancia ed il turismo in generale non sono delle migliori al momento in Patagonia, per motivi ovviamente legati al Covid. Cosa sta accadendo?
Il Cile non ha affatto gestito bene la situazione Covid-19, che presto è finita del tutto fuori controllo. I confini nazionali sono chiusi da Marzo e ancora non sappiamo quando verranno riaperti, con la stagione turistica che sarebbe dovuta cominciare nei mesi di Settembre-Ottobre. La verità è che, fin quando i confini resteranno chiusi e non ci sarà una data di riapertura, nessuna previsione è possibile. Per alcuni la stagione potrebbe essere cancellata del tutto, o se dovesse partire ciò potrebbe accadere da Gennaio 2021, lasciando coì solo 3-4 rispetto al solito. Se qualcuno avesse intenzione di visitare la Patagonia, io consiglierei di proiettarsi già sulla stagione 2021-2022, per essere sicuri che tutto vada liscio ed evitare eventuali cancellazioni. La Patagonia è la destinazione perfetta per il post Covid-19: remota, tanta aria fresca, spazi immensi, e natura nella sua versione più affascinante! Cose che sono ancor più apprezzate al giorno d’oggi.
Quali saranno i tuoi prossimi progetti?
Tutto è stato messo in discussione per via del Covid e molti tra noi impiegati nel settore turistico hanno perso il lavoro, inclusa me. Il futuro nel mondo del turismo è alquanto incerto e tutti siamo consapevoli di doverci reinventare, non contando sul turismo nei prossimi 1-2 anni, fino a che il virus non venga debellato e non venga trovato un vaccino o una cura. Io mi posso ritenere fortunata perché il mio capo ha concesso a me e mio marito di restare nella estancia altri 4 mesi, da Aprile e Luglio, prendendoci cura degli animali. Non percepivamo alcun salario ma disponevamo di un’assicurazione sanitaria ed era comunque meglio trovarci lì piuttosto che chiusi in casa senza niente da fare. Poi abbiamo ricevuto una proposta di collaborazione negli Stati Uniti da Agosto ad Ottobre. Purtroppo è davvero difficile prendere delle decisioni in un mondo così incerto, ma rimango incredibilmente grata per le opportunità meravigliose che mi sono state concesse finora!
Potete seguire le avventure di Nana sul suo profilo Instagram @patagoniadreaming e sul suo blog patagoniadreaming.com